Sono queste le situazioni in cui la collaborazione con gli odontoiatri diventa indispensabile perché essi possono fornire radiografie, fotografie cliniche e informazioni preziose, per esempio riguardo a quali trattamenti sono stati effettuati, su quali denti e quali materiali sono stati utilizzati. “Per l’incidente di Linate vi è stato un notevole scambio di informazioni con odontoiatri in Italia e all’estero, grazie al quale è stato possibile identificare il 60% delle vittime; dal canto loro gli odontoiatri hanno, nella maggior parte dei casi, un metodo di lavoro e di archiviazione delle informazioni che consente di disporne all’occorrenza ed essere d’aiuto in situazioni come questa.
Per quanto possa sembrare strano, in alcuni casi di questo tipo l’identificazione attraverso i denti si è rivelata addirittura più sicura di quella effettuata tramite l’analisi del Dna: il consanguineo a cui viene chiesto il campione di paragone potrebbe, per esempio, non essere figlio della persona scomparsa e non saperlo; il confronto con una radiografia, invece, può fornire la certezza riguardo all’identificazione dei resti.”
La ricostruzione del passato
Il Labanof utilizza anche tecniche di ricostruzione facciale a partire dai resti ossei per cercare di capire quale aspetto l’individuo poteva avere in vita; questo può servire per aiutare l’identificazione di cadaveri rimasti senza nome, oppure per fini archeologici quando si tratta di persone vissute in un passato lontano.
Per le ricostruzioni l’odontologo lavora in collaborazione con altri specialisti capaci di “riposizionare” virtualmente i tessuti sulle ossa e ricreare forme e spessori, utilizzando tutte le informazioni disponibili riguardo all’individuo.
“Esempi delle ricostruzioni che abbiamo realizzato sono quella del volto di Galeazzo Maria Sforza, il Duca di Milano assassinato nel 1476, o quella del viso di un antico abitante della villa tardo-romana di Palazzo Pignano. Si tratta di un lavoro nato dalla collaborazione con la soprintendenza per i Beni archeologici della Lombardia, grazie al quale è stato possibile scoprire quali fossero le fattezze di un uomo vissuto nelle campagne dell’attuale provincia di Cremona circa 1500 anni fa e dedurre, dai resti scheletrici, che tipo di vita avesse condotto. L’apporto specifico dell’odontologo nella ricostruzione facciale consiste nell’analisi dell’occlusione dell’individuo, ossia di come la mandibola chiude sul mascellare e quale tipo di profilo poteva determinare.”
Fonte:
OdontoConsult Informa n. 107 – 7 Settembre 2010
GdO 2010;7 - Debora Bellinzani